“Vedere le cose in modo diverso è la chiave per risolvere i problemi”.
Thomas Edison.
Un’indagine che analizza i dati relativi al sistema economico italiano con un pensiero laterale, anche osservando il riflesso sociale dell’improduttività delle mPMI che si estende quindi a tutta la società, sfatando alcuni luoghi comuni che non permettono soluzioni alternative reali e possibili, che si cerca invece di prospettare anche attraverso quanto emerso dalla ricerca.
Partiamo dal primo luogo comune, dalle mPMI, la caratteristica principale che contraddistingue questa categoria non è quella della dimensione o del fatturato, e quindi dell’attivo e del passivo, ma secondo noi la definizione è basata su altri parametri, uno su tutti se c’è un’attività di R&S e quindi una visione futura che guarda all’innovazione, e sicuramente anche l’organizzazione interna che investa vari settori ricreando pur se in piccolo gli stessi schemi organici di grandi aziende.
Le mPMI sono l’ossatura del sistema economico italiano rappresentando il 99% sul totale delle imprese, ma essendo focalizzate solo sul prodotto devono necessariamente cambiare se vogliono rimanere produttive ed attive sul mercato. Da qui un altro luogo comune da sfatare, ossia il concetto di “Made In Italy” tanto osannato quando invece sono poche le eccellenze che ne hanno fatto il proprio baluardo, tutte le altre realtà imprenditoriali che si focalizzano solo sul prodotto, e quindi su una mentalità novecentesca di fare impresa, condannano loro stesse all’improduttività e l’Italia di conseguenza alla stagnazione.
Le micro imprese rappresentano il 95% di tutto il tessuto imprenditoriale italiano e quindi non producendo valore aggiunto questo si ripercuote sull’intero sistema, dall’improduttività come un domino scaturiscono tante altre problematiche come la disuguaglianza, l’evasione fiscale, la bassa natalità e al precarietà, tanto per citarne alcune. Le micro imprese fanno parte di un mercato OFF che si contrappone a quello ON delle grandi aziende che rappresentano, invece, appena lo 0,1%, ma che sono quelle più produttive e quelle che impiegano maggiori risorse economiche, umane e tecnologiche.
Tornando all’indagine, dai dati raccolti si evince che le mPMI, ma soprattutto le micro e piccole hanno tutte delle caratteristiche che ne ostacolano la crescita e la produttività:
- Sono a carattere familiare e quindi incapaci di delegare a manager esterni
- Sono poco digitalizzate e quindi lontane dall’innovazione
- Possiedono una mentalità novecentesca ostile al cambiamento e sono focalizzate solo sul prodotto
- Non hanno accesso al credito e ai servizi consulenziali e non sono contaminate da altri settori come quello tecnologico
- Non crescono di dimensione
- Non fanno attività di R&S
Sarebbe pertanto auspicabile una democratizzazione dei servizi a valore aggiunto come quello consulenziale per permetterebbe alle mPMI di migliorare, di crescere e di avere un primo approccio all’innovazione necessario per essere più produttive.
Quali soluzioni sono state proposte finora per risolvere il problema dell’improduttività delle mPMI?
Cosa proponiamo noi?
Un salto di paradigma culturale. Si deve a nostro avviso semplificare e velocizzare l’accesso a tutto ciò che crea valore aggiunto:
- metodologie
- strumenti
- persone
E quindi bisogna lavorare non sulla domanda ma sull’offerta di cambiamento e innovazione
Ma se le mPMI sono piene di difficoltà oggettive perché allora puntare proprio su questo target?
Una volta capita l’importanza di un avvicinamento tra mondo consulenziale e quello delle piccole realtà imprenditoriali, c’è da dire che non tutti i consulenti sono adeguati, perché non tutti hanno le caratteristiche per poter lavorare con i piccoli imprenditori, rompendo il muro della diffidenza per poter promuovere e proporre il cambiamento. Servono consulenti “differenti” di certo trasversali, con profili atipici, doppie competenze, che sanno comprendere le piccole realtà e quindi riuscire ad ottenerne la fiducia, elemento fondamentale per intraprendere un percorso che porti ad un primo approccio all’innovazione, avvicinandosi umanamente ancora prima che professionalmente; lavorando con pazienza sul mindset, con strumenti e metodi precisi. Per questo nasce il progetto “Consulente Paziente” (www.consulentepaziente.it) che ha creato una community a livello nazionale e che oggi conta circa 250 di questi consulenti “diversi” adatti ai piccoli imprenditori.